IMPORTAZIONI DALL’ITALIANO
TEORIA

INTRODUZIONE (CHE POTETE ANCHE SALTARE)

La società e le mode evolvono, un numero sempre maggiore di parole nuove entra a far parte della nostra vita. L’abbigliamento, per esempio, ci ha dato il collant, la bandana e i fantasmini, che il dialetto non conosceva. Chi lo parla li introdurrà nei suoi discorsi in un primo tempo così come sono, ma poi li piegherà al modo di parlare del dialetto stesso. Collant rimarrà più o meno tale, ma bandana diverrà ben presto bandèna e fantasmini fantasmén con mutamenti le cui regole vengono applicate inconsciamente da parte del romagnolo di madre lingua, ma che devono essere esplicitate per chi non è tale. Questi vocaboli si dicono importati.

Che ci sia una regola è una conseguenza del fatto che:

-     l’italiano è il prodotto delle innumerevoli storpiature praticate sul latino, da parte dei fiorentini, fino al 1300, e dal 1300 in poi dagli italiani in genere;

-     il romagnolo è il risultato delle innumerevoli storpiature praticate sulla stessa lingua, nello stesso arco di tempo, dai romagnoli.

Due popolazioni diverse hanno portato a mutamenti diversi, ognuno dei quali avrà avuto effetti uguali su suoni uguali. Ci sono stati quindi due processi: uno che dagli originali latini montem e pontem, ha portato agli italiani monte e ponte l’altro che dalle stesse origini latine ha portato ai romagnoli mont e pont. Gli stessi processi, se hanno portato da fontem all’italiano fonte, avranno (o avrebbero) anche portato da fontem al romagnolo font.

DEFINIZIONI

Sono chiamate sonore b, g, v, d (g dura) perché precedute da una breve emissione di suono, sorde le consonanti p, c, f, t (c dura).

Quando si parla della vocale i si allude al suono i, si fa cioè riferimento al caso in cui la lettera i rappresenta un vero e proprio suono vocalico, prescindendo dai casi in cui serve solo ad indicare la pronuncia dolce delle consonanti c e g. La i di pronuncia non è un suono i.

LE REGOLE

Ovvero come si trasforma una parola qualsiasi in un termine romagnolo.

Negli esempi compaiono sia casi di vocaboli effettivamente presenti nel dialetto, sia casi di vocaboli non effettivamente presenti, vocaboli cioè importati.

LE VOCALI

Nel passaggio al dialetto romagnolo le vocali possono cadere oppure cambiarsi in altre vocali

DESINENZE DI NOMI E AGGETTIVI

Si considera il singolare per i nomi, il maschile singolare per gli aggettivi.

 

la a

rimane inalterata sempre

telegramma - telegrama
panorama -  panorama
mamma - mama
zia - zia
vedova - vedva

 

la e

cade nelle parole piane

monte - mònt
televisione - televisiòn
colazione - colaziòn
operazione - operaziòn

 

rimane nelle parole sdrucciole

vergine - vérgine
martire - màrtire

 

la i

rimane nei nomi propri di persona e animali

Bòbi

Ròbi

 

diventa e negli altri casi

Rimini - Rimne

 

la o

cade quando appartiene a parola piana.

dito - dèd
gioco - giòg
mano - mèn
oro - or

 

diventa e dopo il suono i

olio - òlie
torchio - tirchie

 

diventa e nelle parole sdrucciole

minimo - mìnime
massimo -  màsime
albero - èlbere

 

diventa e quando è preceduta da una consonante seguita da r, m, n, l, v

vetro - védre
olmo - òlme
forno - forne,
merlo - mérle
vedovo  vèdve

 

 

Le altre desinenze seguono la flessione regolare.

CADUTA DI VOCALI ALL’INTERNO DI UNA PAROLA

 

la e

cade quando appartiene alla sillaba che precede quella accenta.

berrétto - brèt
melòne - mlòn
menàre - mnè
pennèllo - pnèl

 

cade quando appartiene alla penultima sillaba delle parole sdrùciole

cotica - cùt-ga
domenica - dmén-ga
tiepido - tép-de
tisico - tìs-ghe

 

la o

cade quando appartiene alla penultima sillaba delle parole sdrùciole

coccola - còcc-la
f
ragola - frègla
mammola - màmla
puzzola - pùzla

 

cade quando appartiene alla sillaba che precede quella accenta.

coperchio - cvérchj
mescolino - misclén
orologio - arlog
tovaglia - tvàia

 

Rimane

comodino - cumudén
pomodoro - pumidòr

 

la i

cade quando appartiene alla sillaba che precede quella accenta.

biròccio - bròc
camminàre - camnè
finèstra - fnèstra
gallinàccio - galnàcc

 

rimane

reggipètto - regipèt
rubinétto - rubinét

 

la u

cade quando appartiene alla sillaba che precede quella accenta.

spazzaturino - spazadrén

 

MODIFICHE DELLE VOCALI ALL’INTERNO DI UNA PAROLA

 

La o diventa u
quando non è accentata;

sportèllo - spurtèl
orécchia - urèchia
tramontàna - tramuntèna
mortadèlla - murtadèla
montàre - muntè
giocàre - giughè

La à diventa è
quando è accentata;

mandàvo - a mandèva
befàna - bifèna
pàdre - pèdre
quàdro - quèdre
tàvola - tèvla
stàvo - a stèva

Eccezioni

stàlla - stàla
stànga - stànga

La e diventa i
quando non è accentata

befàna - bifèna
pecoràio - pigurèr
seccare - sichè
sentire - sintì
treppiedi - tripìd

 

Questo ultimo paragrafo getta una nuova luce sulla correzione per lo spostamento dell’accento e permette di capirla meglio.

 

DESINENZE DEI VERBI, PREFISSI E SUFFISSI

 

-are è sempre sostituita dalla desinenza

andare - andè
comprare - cumprè
obliterare - obliterè

-ere cade quando segue la g dolce o gl di foglio

accorgere -  incorgg
raccogliere - arcoi
togliere - to

-ere è sostituita dalla desinenza -a negli altri casi

vedere - veda
sedere - seda
godere - goda

-ire è sempre sostituita dalla desinenza

partire - partì
sentire - sintì
aprire - avrì

 

Le altre desinenze dei verbi seguono la coniugazione regolare.

 

Nel prefisso ri, indicante la ripetizione di un’azione, la i cade ed alla r viene anteposta una a eufonica. Il prefisso si trasforma in ar .

ricotta - arcòta
rifare - ar
rimanere - armàna ritaglio - artai
rimediare - armidiè

 

Nelle desinenze -àta, -ìta, -ùta, la à diviene è, la t diviene d, la a finale rimane. I suffissi si trasformano in -èda, -ìda, -ùda.

manata - manèda
patata - patèda
dormita - durmìda
bevuta - bivùda

 

Nelle desinenze dei diminutivi, maschili e femminili, -ino ed  -ina divengono -én ed
-éna.

poverino - purén
poverina - puréna
manina - manéna
piedino - pidén

 

La modifica non avviene nei falsi diminutivi e pochi altri casi.

vicino - vicìn
turchino - turchìn
piccino - pcin

 

Nelle desinenze -ico, -ica, precedute da consonante, la i cade, la c dura diviene g dura, la o finale diviene e, la a finale rimane

Quando si presenta la c dura preceduta e seguita da vocale, la stessa diviene g dura e la vocale precedente cade

tisico - tisghe
rachitico - rachidghe
manico - mandghe
manica - mandga
domenica - dmenga
pizzico - pizghe
Cattolica - Catolga
cotica - cutga
cotechino - cutghin

Le desinenze -ale, -aio, -oio, -ore si trasformano rispettivamente in -èl, -èr, -ùr, -òr

stivale - stivèl
notaio - nutèr
lavatoio - lavadùr
muratore - muradòr

 

LE CONSONANTI

LE DOPPIE

Nel dialetto romagnolo sono presenti solo nelle desinenze del congiuntivo. Le eventuali consonanti doppie vengono tramutate in semplici.

ALTRE MODIFICHE ALLE CONSONANTI

 

da c dolce
a sg

La c dolce che segue una vocale accentata e non deriva da una doppia, assume il suono sg (come la j del francese jour);

camicia - camisgia
cuòcere - sg
ce - sg
croce - cròsg
alìce - alìsg

 

da c dura
a g dura

quando precede una vocale accentata

gioco - giòg
pecora - gra

 

da gl
ad i

Il suono gl dell’italiano gli si trasforma nel suono vocalico i;

coniglio - cunìi
foglia - ia
caglio - quai
maglia - ia
sfoglia - sfòia

 

da t
a d

quando segue una vocale accentata

rete - réd
dito - déd
sete - séd
mietere - méda

 

da b
a v
da p
a v

quando precedono una vocale accentata

ciatta - ciavàta
cilla - ccvòla
callo - cavìl
aprire - av

 

ma non quando sono doppie

cappèllo - capèl

 

dopo l’accento nelle parole sdrucciole

canapa - cànva

 

Nel trasformare le parole italiane, lo scopo fondamentale del dialetto sembra sia quello di ridurre al minimo le sillabe da pronunciare. (sep-pel-li-to - splìd)

 

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