Torna
all'indice

SULLE ORME
DEL BEATO AMATO RONCONI

in pellegrinaggio a Santiago di Compostella
col motorino, la tenda e il sacco a pelo

l'Europa coast to coast

 

Le prime tappe

La partenza viene fissata per lunedì 2 luglio 2012, prima tappa Siponto, ed eccomi qui pronto per la partenza.

In fondo si tratta di percorrere la strada che facevo da giovane con la cinquecento quando ancora non c'era l'autostrada e non c'era ancora stata Italia '90 con la nuova Adriatica a due corsie. Ma le cose sono cambiate parecchio: le città hanno nuove circovallazioni e nuovi sensi vietati impediscono i percorsi conosciuti. Lasciamo fare al navigatore e fissiamo come prima destinazione Ruvo di Puglia.
La ragione è subdola: Ruvo è la città natale di Giovanni Mazzone, mio compagno di corso in Hdemia e Giovanni Mazzone, che può tutto, è colui cui mi sono rivolto per accelerare una mia pratica pensionistica che langue da decenni nel dimenticatoio di qualche ente (se non ci credete cliccate qui). Una cartolina da Ruvo serve sia per ringraziarlo di ciò che ha fatto, sia a rammentargli che io sono ancora qui se per caso non ha fatto niente.
Post scriptum. Al ritorno scoprirò che, indipendentemente dalla cartolina, qualcosa si era mosso.
Era ora di pranzo, ed il ristorante in cui ho mangiato era confortevole, il cibo buono, il vino meglio ancora ed il prezzo contenuto.

Seconda destinazione il camping di Siponto, dove arrivo in tempo per piantare la tenda alla luce del giorno.
Quando ero ragazzo facemmo un'escursione da quelle parti con l'850 di Carlo Garberini (che fine avrà fatto? Anche su facebook risponde piombo a tutti i pali). Piantammo la tenda in riva al mare e la mattina andammo a fare le nostre pratiche mattinali a Mattinata. Ci lavammo la faccia ad una fontana del paese con le galline che razzolavano intorno.
Ci andai. Ovviamente il paese era irriconoscibile: toccato dal turismo di massa e non, era più bello, ben tenuto, vivo. Sulla strada del ritorno davanti a me si apre lo sportello di una macchina e una signora fa per scendere: frenata, scivolata della ruota davanti, caduta. Districato un piede da sotto il motorino, sollevo me, sollevo lo Scarabeo, sembra tutto a posto. E' buio, non si vede niente e non saprei dire che danni ho riportato. Sono così contento di non essermi fatto niente che saluto la controparte e me ne vado.
Peccato: l'anca protesta, il polso destro ha qualcosa da dire ed il faro illumina una parte di strada in cui proprio non andrò. Il faro si aggiusta subito mettendo la ruota tra le gambe come si faceva con la bicicletta e ruotando il manubrio. Polso e anca continueranno le loro proteste per non so quanto tempo. So solo che un bel giorno, scuotendo un asciugamano, mi resi conto che il polso funzionava normalmente.

Tutto tranquillo fino a Saludecio.

 

Saludecio (3000 ab.)

Il programma prevedeva l'arrivo mercoledì pomeriggio (4 luglio 2012), lavori nell'oliveto, e siccome sono uno studioso dilettante del dialetto, (per saperne di più) prevedeva anche incontri con diverse persone per reperire dei conoscitori del dialetto saludecese allo scopo di portare a termine uno studio iniziato nel 1923 da due svizzeri e proseguito da Davide Pioggia (per saperne di più), partenza il lunedì successivo.

Poichè l'intenzione del pellegrinaggio era stata annunciata nell'ambiente già da prima, mi è parso giusto, all'arrivo, farmi vedere davanti al bar in assetto da viaggio.
Come stai, come non stai, ci arrivi, non ci arrivi, sta attento che se vedono il motorino lì, ti fanno la multa.
Mi alzo, metto in moto e sposto il motorino, altre chiacchiere e li lascio.
Questa volta lo Scarabeo non parte. Facendo finta di niente, e come se tutto fosse normale, mi avvio per la discesa e, sempre seguendo la discesa, parcheggio a casa di mia madre.

Dopo i convenevoli ed altre prove infruttuose, la mattina dopo alle sette chiamo l'ACI (Saludecio è collegato al mondo civile da due corse giornaliere di pulman: non è mai troppo presto per perderlo e rimanere a piedi).
L'elenco dei meccanici dice che a Cattolica c'è Gabellini, concessionario Piaggio.
Ci vado e mi genufletto implorando sollecitudine perchè devo andare fino in Spagna e ritorno.
Il mattino dopo prendo il primo pullman e vado a vedere la situazione. Il meccanico - tale Fabio Augusto Mosconi cui si appoggia la Piaggio - ha cambiato la centralina e, siccome non gli piaceva come andava, ha cambiato i getti, corretto la programmazione, ma ancora non gli piace. Il suo aiutante scuote la testa con aria di compatimento. "Tutti quei chilometri non li fa", dice.
Si decide di andare avanti nelle riparazioni e cambiare i rulli.
La prova dà i risultati sperati e mi augurano buon viaggio previo pagamento di 213 euro. Non dico niente perchè mi rendo conto che da quando hanno avuto il mio motorino in mano hanno lavorato solo a quello.
Purtroppo l'intervento non è risolutivo: durante le mie prove lo Scarabeo si ferma due volte, e si rimette in moto solo dopo un'attesa di qualche minuto. E se si ferma e non riparte più?

Intanto sono passati giovedì e venerdì, il motorino non va come vorrei e per il dialetto non ho fatto niente.
Decido di preparare un cartello, fotocopiarlo e mettere le copie nelle botteghe del paese.
Vado a fare una visita in Comune a cercare la Gigliola, assessore alla cultura. Può darsi che ne venga fuori qualcosa.

La trovo, come stai, come non stai, sei in gran forma, e le mostro l'annuncio.
"Ma ci penso io! Da' qui!" E se ne impossessa.
Il discorso cade su Santiago e sul mio pellegrinaggio, salta fuori che il Comune, con in testa il Sindaco in carica e il Sindaco uscente, è tutto impegnato nel portare avanti il processo di santificazione del Beato Amato. Serve necessariamente della pubblicità, del chiasso mediatico ed io sembro capitato lì apposta: telefonata immediata al giornalista ed immediata intervista telefonica. Nome, cognome, da dove vengo, e la domanda fatidica:
"Lei è devoto del Beato Amato?"
A me, che ero stato vittima di una grazia del Beato Amato, una risposta veramente convincente non veniva, e mi arrabattavo come meglio potevo.
Nota a piè pagina: Con un colpo di culo unico al mondo ero entrato in Accademia Aeronautica dimostrando, al concorso, un teorema di geometria che non conoscevo. " ... no, non è questo, ora glielo dico io: in un triangolo ... bla ... bla ... bla ... sono proporzionali. Me lo dimostri". E glielo dimostrai. Il professor Dedò, ordinario di geometria analitica in Accademia, era uno che apprezzava queste cose e mi deve aver dato un votone, altrimenti il risultato non si spiega. Ero idoneo al servizio militare e al pilotaggio, e presi anche il brevetto sul T6. Ma mia zia Amalia, ad ogni incidente aereo, portava il giornale a mia madre, e lei, così racconta, accese una candela al Beato Amato chiedendogli di mettermi a terra. Come conseguenza la miopia, che viene normalmente ai ragazzini di tredici anni, a me venne a ventidue.
Non se ne erano neanche accorti, ma l'istruttore di volo aveva il vizio, ogni volta che la torre di controllo comunicava "Siete il numero tre all'atterraggio" di chiedere dove erano gli altri due. Io, che non li vedevo anche se erano arancione, tiravo a indovinare e non ci prendevo. Allora lui prima esaminava il materiale organico di cui ero costituito, poi le abitudini sessuali mie e dei miei parenti anche lontani vivi e morti, per poi alludere alla vocazione suicida degli allievi piloti che non vedono gli aerei in circuito ed infine alla rapida fine del mio corso di pilotaggio.
Per non essere cacciato, prima di mettere il casco mi mettevo gli occhiali e gli aerei in circuito li vedevo tutti, ma se ne accorsero. E finalmente la grazia chiesta da mia madre fu esaudita.

Comunque rimanemmo d'accordo che al ritorno gli avrei fatto avere un resonto del viaggio con alcune foto. Il risultato è questo:

Se volete leggere l'articolo intero cliccate qui ma vi avviso, il file è pesante, 1,3 MegaBytes.

Passo la domenica nell'oliveto a selezionare, per ogni tronco sopravvissuto al gelo dell'inverno, una decina di virgulti, tre o quattro dei quali diverranno i rami principali della nuova pianta, e intanto rimugino su quello che avverrà il lunedì. Andare a Nord verso Bologna o a Sud verso Taranto?
Che dubbi ci possono essere? Se succede qualcosa al motorino chiami il carro attrezzi, vai all'officina più vicina, ti scegli un albergo nelle vicinanze e aspetti.
Avendo abbondanza di tempo e di danaro la risposta "A Nord" è scontata. Ma io non avevo nè tempo (i 45 giorni previsti erano decisamente troppi: occorreva non allungare, ma abbreviare la durata del viaggio), nè danaro (il budget, già non abbondante per natura, era stato falcidiato da una decisione del consiglio di famiglia che mi aveva imposto di prelevare dal gruzzolo di Compostella i 1700 euro necessari a riparare la macchina per un incidente da me provocato).
Decido quindi di fare una prima tappa a Cattolica dal meccanico e di sentire la sua opinione. Ascolta il racconto, fa le sue prove. "La centralina è stata cambiata" dice, "c'è un altro pezzo che può causare l'inconveniente, ma non si rompe mai." Di comune accordo attribuiamo le fermate al caldo che fa impazzire sia gli uomini che gli aggeggi elettronici. Unica precauzione non sforzare il motore, specie col caldo.
Nota a piè pagina: Non ho potuto apprezzare appieno i miglioramenti apportati allo Scarabeo dal meccanico finchè non ho potuto, una volta a casa, eliminare il rumore di ferraglia (che comparirà più avanti) e provarlo su strade conosciute. In particolare la rampa del garage, che prima aveva bisogno di rincorsa e qualche spinta di aiuto, adesso viene percorsa facilmente ed in accelerazione, per non parlare della ripresa e della velocità.
E mi avvio verso Bologna. Stranamente la pianura padana mi sembra tutta uguale, come tutti uguali mi sembrano paesi e città. Non faccio neanche una foto e tiro dritto, arrivando giusto in tempo per piantare la tenda alla luce del giorno.

Nella notte mi arriva un SMS da mio fratello Fabio: Hai volto la poppa nel mattino? Si, mi viene da rispondergli, ed ho anche fatto ale al folle volo ma non dei remi, degli specchietti retrovisori.
Nella decisione ha pesato molto il fatto che tutto questo si può fare, sempre parafrasando Dante, fino a che l'ernia, come fa, si tace.

 

Nella pagina precedente:
L'origine dell'idea

Torna all'indice

Nella pagina seguente:
Bologna - Torino